DAVID TREMLETT
Ottobre 2023 - Aprile 2024

David Tremlett

“Mangiamo per vivere? Si legge in un’opera di David Tremlett del 1997, esposta al Castello Falletti a Barolo. Mentre sfoglio il suo catalogo dal titolo Se i muri potessero parlare (Mazzotta, 2001), questa frase attira la mia attenzione. Oltre al semplice fatto che ci troviamo in un ristorante, e che l’amicizia che lega David e Brendan, proprietario di Zazà, è fortificata anche dall’amore condiviso per il buon cibo, essa racchiude in sé alcuni elementi utili per introdurre il progetto e la poetica dell’artista inglese. Nel richiamare, infatti, l’attenzione sulle azioni del mangiare e del vivere, Tremlett sembra interrogarsi (interrogarci) sulle funzioni essenziali dell’esistenza. Ricorrendo allo stratagemma di un’ironia leggera che è solita celare riflessioni profonde, il lettering di Tremlett si misura concretamente con l’esistente, con l’“esserci” quotidiano. Allo stesso modo, BBZR23 si inserisce a Zazà Ramen, uno spazio di vita dedicato alla cucina. Come suggeriscono le prime due lettere utilizzate nel titolo (BB sono le iniziali di Brendan), il progetto nasce a partire da un’amicizia di lunga data, già omaggiata dieci anni fa in un più piccolo intervento a parete, realizzato da Tremlett poche settimane dopo l’apertura del ristorante e ancora visibile nelle tre nicchie al piano inferiore del locale.

Seppur per vicinanza formale e temporale BBZR23 dialoghi strettamente con l’intervento permanente realizzato dall’artista nella Cappella al Parco Horti di Pavia (Wall Drawing Out, Wall Drawing INN, 2022), è altrettanto interessante menzionare le collaborazioni che Tremlett ha portato avanti a Milano nelle ultime quattro o cinque decadi. Frequentatore assiduo dell’Italia (celebri i lavori nelle cappelle nelle Langhe e nella fermata della metropolitana di Rione Alto, a Napoli), l’artista ha realizzato in città progetti di diversa natura, in spazi istituzionali e non. Si ricordano, a titolo di esempio, la mostra personale al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea (1993), gli interventi nella galleria Massimo Valsecchi (dal 1978), nell’appartamento di Mario Bellini (2003), alla Rotonda della Besana (2004) e, in ultimo, nel ristorante Trattoria milanese (1991). Da questo breve excurus, dunque, si intuisce come non si debba interpretare la location di Zazà Ramen come un’eccezione, anzi, semmai come luogo che aderisce a pieno titolo alla pratica dell’artista e al suo ormai storico rapporto con la città.

In un perfetto bilanciamento tra spazi espositivi tradizionali e alternativi all’art system, i wall drawing di Tremlett, di cui anche BBZR23 fa parte, hanno abitato, temporaneamente e non, svariate sedi in tutto il mondo. Forme geometriche, lettering, linee rette, oblique, curve, spezzettate, macchie di colore. Di questo si compone questa infinita serie eccentrica e ironica, inaugurata dall’artista a partire dagli anni Settanta e divenuta a partire dagli anni Ottanta la sua principale tecnica espressiva. Nel processo di creazione, oltre a utilizzare la pittura, Tremlett spalma la polvere di pastello su parete, lavorando i pigmenti a mani nude. Il colore viene quindi concepito come materia, in un’eco che guarda sia alla tradizione dell’affresco e della pittura murale che alla pratica scultorea, linguaggio di formazione dell’artista.

«Il colore ci dà tangibilità. Ritengo che qualsiasi siano i neri e i grigi o i colori primari o una strana mistura [tra questi], essi siano i mattoni, l’argilla, l’acciaio e il marmo delle mie costruzioni», afferma Tremlett in un’intervista con Achille Bonito Oliva.[1] In tal senso, nei wall drawing, lavori per natura site-specific, un ruolo primario è giocato dall’architettura. Pareti, nicchie, archi, colonne, soffitti, pavimenti, absidi, finestre: come in un’osmosi dalla difficile definizione, ogni elemento costitutivo di un ambiente architettonico può entrare a far parte dell’universo-Tremlett, e viceversa.

Per tali ragioni, i wall drawing si collocano in un territorio ibrido, tra rappresentazione astratta e presentazione della realtà. Nel caso di Zazà Ramen, l’intervento è doppio, regolare e asimmetrico al tempo stesso. Nelle due nicchie, i pieni e i vuoti, un tema ricorrente nella poetica di Tremlett, si alternano in un gioco coloristico armonioso, che solletica la retina di noi che guardiamo e mostra una quinta spaziale di cui altrimenti, in condizioni neutre, l’osservatore coglierebbe più difficilmente la presenza. Da un lato, si possono inseguire i tratti di matita a grafite che formano linee regolari e spezzate. L’occhio può percorrerle dall’alto al basso, da destra a sinistra o dal centro verso l’esterno, fino a sprofondare (o redimersi?) in una macchia di colore, espressione di mancanza di controllo, libera e mutevole. Dall’altro lato, quello che conduce verso le scale, una quasi-cornice contorna il disegno composto dall’artista, aprendo così una breccia su uno spazio negativo, un intonaco bianco puro e semplice che i segni in grafite mettono in risalto. Tra tridimensione e bidimensione, BBZR23 è insieme uno strumento per rinnovare la nostra percezione della realtà e per percepirne l’essenza. Come suggerisce Tremlett nel titolo di un wall drawing del 1991: Somebody did something on the wall.”

 

BIOGRAFIA

“David Tremlett (Saint Austell, GB, 1945), nativo della Cornovaglia, lavora con media differenti, quali la scultura, l’installazione, la pittura e il disegno. Formatosi come scultore alla Birmingham School of Art e presso il Royal College of Art di Londra, alimenta il suo immaginario artistico attraverso numerosi viaggi in tutto il mondo, che gli consentono di entrare in contatto con culture diverse e gli forniscono molteplici fonti e modelli di ispirazione. Comincia a sperimentare i wall painting dagli anni Settanta e sviluppa un particolare predilezione per i lavori site-specific, spesso temporanei.

Nel 1992 viene inserito nella rosa dei candidati per il Turner Prize e nel corso del tempo i suoi lavori vengono ospitati presso gallerie e musei tra i più autorevoli: dal Centre Pompidou di Parigi al Museo Stedelijk di Amsterdam, dal Musee des Beaux Arts di Grenoble al Museo Pecci di Prato, dalla Fundaciò Joan Mirò a Barcellona fino al Museum of Modern Art di New York, oltre che presso Gallerie come la Serpentine di Londra, la Mizuma Art Gallery di Tokyo e la Nigel Greenwood di Londra, in cui l’artista esordisce nel 1970. Nel 2011 realizzata alla Tate Britain il lavoro permanente”

Testo critico di Irene Sofia Comi

[1] “Biography and Bibliography”, in https://davidtremlett.com, poi pubblicata in Achille Bonito Oliva, Enciclopedia della parola. Dialoghi d’artista 1968-2008, Milano, Skira, 2008.

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